Yaroslav Hrytsak: “Ormai siamo un Paese unito. Il nazionalismo civico vincerà”. Incontro con Federico Varese, Repubblica, 09.04.2022

Incontro con il più grande storico ucraino: “L’intera élite russa ha ignorato per decenni la nostra trasformazione politica. Risultiamo diversi da loro”

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Questa mattina è piovuto a Leopoli, ma dopo qualche ora è uscito un sole primaverile. Gli studenti dell’Università Cattolica entrano ed escono dalle aule del campus modernissimo, costruito da architetti tedeschi e con donazioni americane. Il vicerettore dell’università mi accoglie con fare affabile, porta la pistola alla cintola ed è in divisa. I sacchi di sabbia circondano le aule e le sirene antimissile a volte interrompono le lezioni. Io sono qui per parlare con il decano degli storici ucraini, Yaroslav Hrytsak, autore di una Storia globale dell’Ucraina in corso di traduzione in cinque lingue, tra cui l’italiano, e autore di due recenti articoli per il New York Times Time Magazine. Hrytsak va diritto al punto. “Non credo che Putin sia stato mal informato sulla situazione in Ucraina. Il problema è molto più serio: l’intera élite russa ha ignorato per decenni la trasformazione politica del mio Paese”. Questo scarso interesse e presunzione di conoscenza hanno radici lontane. Poiché Krusciov, Breznev e Gorbaciov erano di origine ucraina credevano di capire le vicende di questa terra senza mai informarsi. “Hanno sempre pensato che l’Ucraina fosse il partner più giovane della Russia. Anche l’entourage di Eltsin era convinto che non vi fosse differenza tra i due popoli”.

Hrytsak mostra nei suoi studi come la diversità tra i due paesi non debba essere ricercata nella lingua, nella religione e neppure nella cultura, che hanno molti punti di contatto, ma nelle tradizioni politiche. Come è noto a molti, l’intero Paese (non solo l’ovest) è stato influenzato dalla Polonia fino alla Prima guerra mondiale. Ma anche nella storia più recente le traiettorie di Mosca e Kiev hanno continuano a divergere. Hrytsak cita un episodio significativo e spesso dimenticato in questi dibattiti: nel 1994, quando Eltsin si trovò in disaccordo col Parlamento liberamente eletto risolse il conflitto bombardando la sede della democrazia russa. Più o meno negli stessi anni, la storia politica ucraina era dominata dall’opposizione tra due figure Leonid Kravchuk e Leonid Kuchma – ma è stata risolta con l’alternanza al potere e non con le bombe.

Chiedo a Hrytsak se si sente ottimista sul futuro: “Molto, e così tanti altri miei connazionali, come mostrano diversi sondaggi. Il Paese è unito di fronte a questo pericolo esistenziale. La nazione è fondata sui valori condivisi, non sull’identità linguistica o quant’altro. L’unica questione da capire è quale sarà il prezzo che dovremmo pagare”. Hrytsak crede al nazionalismo civico, l’opposto di quello di Putin. Mi dice di essere contento perché, da vecchio rockettaro, ha saputo che i Pink Floyd si sono riuniti dopo 28 anni per registrare una canzone di protesta contro l’invasione dal titolo Hey Hey, Rise up. Ma quando ci incontriamo è anche il giorno del massacro alla stazione di Kramatorsk. Più di cinquanta morti, inclusi cinque bambini. Paura e speranza, rabbia e fiducia nel futuro si intrecciano, un po’ come il sole e la pioggia in questa giornata di primavera a Leopoli.

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